devoti tutti…

Catania: ultrà, guerriglieri e devoti
“E adesso tutti da Sant’Agata”

CATANIA – Lui c’era, lui c’è. Allo stadio e al Duomo. “Sono devoto”. Lui ha fede: nel Catania, anzi nella curva nord, e in Sant’Agata, patrona della città. Calcio e chiesa, una religione che non si discute. Se tifi quando c’è da combattere ti fai avanti. Via il passamontagna, avanti con il sacco, l’abito tradizionale di chi tira il fercolo.

Lui oggi va in processione, porterà i ceri, farà penitenza. Onora la tua squadra e la sua santa. Doppio ultrà. Pazienza per la puzza di morte e di lacrimogeni. Per una celebrazione ormai decapitata e un po’ assurda: sì alle bancarelle con lo zucchero filato, no ai fuochi d’artificio. Si tradisce la vita e poi ci si batte il petto. La città ci tiene alla sua messa: “Non è giusto privarci della nostra festa”. Già, Sant’Agata. Occhi azzurri, volto non molto beato. Insidiata, imprigionata, torturata. Si ribellò al governatore romano Quinziano, che le fece tagliare i seni. Come scrisse Giovanni Verga: “Il gran veglione di cui tutta la città è teatro”.

Il Carnevale di Catania, sentito, sentitissimo. Più di un milione in piazza. Con tutto il rispetto, un altro derby.

Il ragazzo viene in moto, ha una giacca di cuoio nera, scarpe Nike, jeans, capelli scuri, fuma. Zona stadio, più in là altri ragazzi con tute da ginnastica e capelli con erezione da lacca. “Facciamo che mi chiamo Francesco”. Va bene, facciamo. “Mi hanno sparato un lacrimogeno in faccia, non ci ho visto più, soffocavo, ho avuto paura”. E allora? “Allora siamo entrati senza essere perquisiti. Pistole, razzi, bastoni. Nessuno ha controllato. Voleva venire allo stadio pure la mia ragazza, ma le ho detto che era meglio di no”. Giochi a calcio? “No, faccio kickboxing, vado anche ai tornei”.

Genitori? “Lavorano tutti e due. Gente brava, incensurata”. Perché dici così? “Perché un amico che stava con me e che è stato trattenuto tutta la notte in questura ha il padre pregiudicato. Non sono stati gentili con lui, gli hanno anche gridato assassino, poi l’hanno lasciato andare. Ha 15 anni “. Ce l’avete con la polizia? “Da quando a Catania è arrivato il nuovo questore molte cose sono cambiate”. Sei un giovane ultrà? “Sarò pure giovane, ma io curva nord ci vado da 12 anni. La squadra è tutto, ma Sant’Agata è ancora di più, chi viene da fuori non può capire. Io se vado in America per la festa della nostra santa tornerò sempre. Io stamattina mi sveglierò alle cinque, perché non voglio perdere la messa dell’Aurora e quando portano fuori Sant’Agata sarò lì a tirare il cordone lungo 120 metri. Faccio vedere?”.

Cosa? “Il tatuaggio sulla gamba: Nofaquie. Significa: non offendere la patria di Agata in quanto essa è vendicatrice delle offese ricevute. La frase è scritta sull’abside del Duomo. Io stanotte mica torno a casa. Sto fuori per la santa. Sono devoto”. I tuoi amici dell’altra sera dove sono? “Facciamo che io ora me ne vado”. Facciamo che prima rispondi. “Stanno ammucciati”. Nascosti. “Se ci sono cento feriti della polizia, ci sono pure un sacco di ragazzi che non si sono presentati in ospedale. Hanno paura”. Hai idee politiche? “Destra, come la mia famiglia. Siamo tutti cittadini devoti”.

A Catania i baby criminali vanno forte. Lo ha confermato anche l’apertura dell’anno giudiziario: seconda città d’Italia per percentuale di minori arrestati. Una città che da tempo ha dichiarato guerra a se stessa. C’è chi viene fermato con il colpo in canna, chi con il giubbotto antiproiettile, chi come il pregiudicato Giuseppe Sciotti viene sparato mentre accompagna la bimba all’asilo.

Al bar davanti al Duomo Alfio Ferrara, segretario provinciale del Siulp, parla a nome dei poliziotti: “Hanno scritto che moriamo per 20 euro di straordinario. Falso, al netto sono solo 12 euro. Tutto era ed è premeditato da molto tempo. Per Catania-Udinese c’erano 50 bombe-carta. Per Catania-Messina gli ultrà hanno simulato una rissa e un bambino in pericolo per attirare un nostro collega e pestarlo a morte. Ha subito l’asportazione della milza. E intanto a noi in dotazione danno i tappi per le orecchie, segno che certe ormai sono scontate. La verità è che se manganelli un tifoso sei uno scemo che se la prende con i ragazzi e se ti fai accoltellare sei uno scemo che non sa difendersi dai ragazzi. Fai sempre la cosa sbagliata”.

Palestra di una scuola superiore in zona Barriera, a nord della città. Si sta giocando una partita di volley. Un minuto di raccoglimento per l’ispettore Filippo Raciti. Un minuto sentito e rispettato. In campo ragazzi minorenni. Domanda: qualcuno di voi c’era l’altra notte? Si fa avanti un quindicenne, unghie mangiucchiate, capelli ricci, molto tifoso, genitori commercianti. “Era una situazione pazzesca. Ho dato aiuto ad un amico in difficoltà. L’ho fatto venire a casa, era malconcio. Quasi intossicato”.

Già, un amico in difficoltà. Pare di rivedere la stessa scena di quando a Firenze gli ultrà andarono in tribunale con sciarpe e scarpe viola insieme alle madri di “Pitone”, “Morto” e “Vizia” a difendere i loro figli come fossero El Cid e non disgraziati che nel 1989 avevano bruciato con le molotov Ivan Dall’Olio, 14 anni, sfegatato del Bologna, ustioni sul settanta per cento del corpo. Guai a dirlo al ragazzo. Anche lui è devoto. Anche lui fila dalla curva per andare in processione. “Chiaro che mi metto il sacco e la scuzzetta”.

Il cappellino nero sul saio bianco. Tutti peccatori, tutti redenti. Sant’Agata prega per noi. Per questa città che festeggia e seppellisce, che fa prendere aria ai santi e la toglie ai vivi.